venerdì 24 agosto 2012

TOP TEN: Questione di gusti


Spesso, raccontando un viaggio in qualche terra lontana, si finisce a parlare di cibo. Argomento capace di dare sfogo a vivaci discussioni e a interminabili aneddoti sulla preparazione della pasta al salmone. Il limite che però appare evidente è questo: come raccontare un sapore? Con un paragone, un’immagine, una sensazione? Secondo recenti studi il cervello, quando non catalogo un sapore, lo associa direttamente a quello del pollo. Un gusto semplice, delicato, quotidiano. Ecco quindi il serpente che sa di pollo, l’iguana che sa di pollo (magari arrosto), il canguro che sa un po’ di pollo. 
Per non perdersi nella giungla delle papille gustative, ecco quindi la guida a dieci sapori dal mondo!

  • Cambogia - TARANTOLA FRITTA - Un bocconcino a otto zampe, fritto nell’olio e insaporito con sale o zucchero, alle volte uno spicchietto d’aglio. Zampe croccanti, addome un po’ appiccicoso per un ragno che può tranquillamente riempire un piatto da portata. Sapore: granchio e nocciola.

  • Messico - TACOS di CAVALLETTE - Le cosiddette ‘chapulines’ sono una prelibatezza al mercato di Oaxaca: arrostite, belle croccanti vengono chiuse in una tortilla di farina di mais e condite con chili o semplicemente con succo di lime. Sapore: di snack salato, retrogusto di spezie.

  • Perù - CARPACCIO di LAMA - Tra le alture andine lama e alpaca occupano il posto d’onore nei secondi piatti, sotto forma di bistecca, carpaccio, braciola, accompagnati da un buon bicchiere di pisco sour, un cocktail di fatto con un distillato del vino, succo di limone, zucchero e bianco d’uovo. Sapore: agnello, meno persistente.


  • Botswana - STUFATO di BRUCO - Un grosso bruco peloso è la miglior fonte di proteine in molte zone dell’Africa. Si può trovare sulla corteccia dell’albero mopane, con il suo caratteristico colore blu verde. E’ poi sufficiente spremerlo ed esiccarlo prima di ricavarne un gustoso stufato. Sapore: burro.

  • Africa Occidentale - TERMITI ALLA BRACE - Arrostite o fritte sono uno snack energetico da metà pomeriggio. Sapore: carota.

  • Thailandia - RATTO ARROSTO - Sempre più diffuso il consumo di ratto, in tanti paesi dell’est asiatico. Certo il salto dal simpatico topino cuoco di Ratatouille all’immagine di una ratto che rosola sullo spiedo non è semplice da accettare. Sapore: maialetto, forse un po’ di pollo.

  • Papua - INVOLTINI DI LARVA - Tante gli insetti nella tradizione culinaria di Africa, Asia e Oceania. Salita all’onor delle cronache segnaliamo la larva del punteruolo rosso della palma, un parassita distruttivo comparso di recente anche in Italia. A Papua combattono l’invasione friggendo le larve, impanate in farina di sago e avvolte in una foglia di in un colorato involtino. Sapore: speck cotto.
  • Giappone - CICALE BOLLITE - Non solo paesi in via di sviluppo, ma anche terre industrializzate come il Giappone o gli Stati Uniti trovano un delicato antipasto le cicale bollite, o ripassate in padella. Pochi grassi e buon valore proteico. Sapore: asparagi.
  • Vietnam - SCORPIONE KEBAB - Gli scorpioni vengono solitamente infilati su uno stecchino, cotti vivi e serviti come cibo da strada. Sapore: gamberetti.
  • Australia - SPIEDINO DI COCCODRILLO - Cibo che si è rapidamente diffuso nel mondo, diventando un richiamo per avventori a caccia di curiosità. Carne bianca, molto sana, si divide curiosamente tra l’essere un cibo di terra e uno acquatico. Sapore: tra il pollo e il pesce rombo.


venerdì 17 agosto 2012

Adrenalina: Nuova Zelanda, salto nel vuoto

Nel mezzo dell'Oceano Pacifico, sulla piccola isola di Vanuatu, gli abitanti locali dimostrano il proprio coraggio lanciandosi da venti o trenta metri d'altezza con un paio di liane legate alle caviglie. Appesi e molleggiati a una struttura che sembra una partita di shangai, con un po' di terra bagnata e foglie all'arrivo per attutire la caduta. Dev'essere qui che Alan John Hackett ha capito per la prima volta la missione della sua vita. Lanciarsi nel vuoto. Pochi anni dopo, verso la metà degli anni ottanta, eccolo tuffarsi dalla Torre Eiffel e rimanere penzolante sulle teste dei curiosi: è nato il bungee jumping.

Hackett fa ritorno a casa in Nuova Zelanda, qualche migliaio di chilometri a sud di Vanuatu, e apre un sito permanente per la pratica di questa nuova disciplina. E da quel giorno laggiù, agli antipodi della nostra penisola, il bungee jumping si diffonde come da nessuna altra parte.

Se vi trovate in Nuova Zelanda nei dintorni di Queenstown non perdete l'occasione di prenotarvi un Thrillogy, un bel pacchetto di tre bungee jumping in altrettante splendide location. Si parte dallo storico Kawarau Bridge, 43 metri, un buon allenamento per affrontare le impegnative sfide successive. Secondo passo, il Ledge. Vista della città dall'alto, una piattaforma disperatamente aggrappata sul fianco della montagna che sporge innaturalmente nel vuoto, il luogo ideali per salti acrobatici. Ci si butta anche di notte, con le luci della città a tenere compagnia.
Infine il Nevis, 134 metri da una piattaforma mobile sospesa come una funivia tra le pareti di un canyon.

Dopo un'esperienza simile, sarà impossibile dimenticarsi della Nuova Zelanda.



venerdì 4 novembre 2011

TOP TEN: In viaggio con i treni leggendari

Agli angoli del globo, aggrappati ai fianchi delle montagne, distesi nel silenzio di una landa desolata, carichi di volti, colori, storie e ricordi. Treni che sono entrati nella leggenda e stimolano l’immaginario collettivo, offrendo esperienze uniche al mondo. Vediamo quali sono:


     1)      TRANSIBERIANA (RUSSIA) – una delle più celebri ferrovie del mondo, un percorso di 9000 chilometri da Mosca a Vladivostok, nove giorni di viaggio con la possibilità di sconfinare anche in Cina o Mongolia. Per chi ha il giusto senso dell’avventura è consigliabile viaggiare in Platskartny, la famigerata terza classa, un vagone di cinquanta cuccette senza scompartimenti. Un modo sincero e immediato per entrare in contatto con la realtà russa, per conoscere persone interessanti, per vivere un’esperienza unica. I prezzi sono inversamente proporzionali all’impegno che si profonde nell’impresa: l’intera tratta può costare solo 200 euro, se si evitano le agenzie e ci si mette con costanza e pazienza alla ricerca delle soluzioni migliori. Ovviamente, la seconda classa costa più del doppio. La prima classe, su questo sito, non verrà mai presa in considerazione. Consigli: evitare il mese di agosto, viaggiare al contrario (da Vladivostok a Mosca), imparare un po’ di russo. O almeno saper riconoscere le lettere dell’alfabeto cirillico.

2)      LA TROCHITA (ARGENTINA) – Nome amichevole per parlare del Viejo Expreso Patagonico, treno più che altro turistico ai margini di una nazione che ha presto abbandonato lo sviluppo delle rotaie preferendo implementare il servizio autobus a lungo raggio. 402 chilometri in questo mondo alla fine del mondo, con una storia travagliata di chiusure e modificazioni. Ad oggi è possibile viaggiare da Esquel a El Maitén, 165 chilometri trascinati da una locomotiva a vapore del 1922, costretta di tanto in tanto a fermarsi per ricaricare acqua.

3)      GHAN (AUSTRALIA) – paesaggi incredibili di un paese sconfinato. Da Darwin, nel verdeggiante nord tropicale dell’Australia, poi giù, nell’ outback, il deserto rosso, una tappa ad Alice Springs e chilometri su chilometri fino ad Adelaide, sulla costa sud. Cinquanta ore per tagliare letteralmente in due un continente che appare come inesplorato. Sulla costa sud, per gli amanti dei treni, un altro percorso da leggenda con l’Indian Pacific, la tratta che collega Sydney a Perth. Entrambi i percorsi, rispettivamente 3000 e 4000 chilometri, con prezzi a partire da 300 euro, in treni moderni e confortevoli in netto contrasto con il paesaggio aspro della terra dei canguri.

4)      TREN A LAS NUBES (ARGENTINA) – sicuramente uno dei treni più affascinanti del mondo. Parte da Salta, nel nord dell’Argentina, e si snoda su un percorso di 217 chilometri adattandosi alle alture che incontra, con viadotti, ponti, zig zag, tunnel, spirali, regalando immagini straordinarie ai fortunati viaggiatori. Non è raro vedere stazionare le nuvole sotto i ponti del tracciato che raggiunge una quota massima di 4200 metri. Circa centoventi euro per andata e ritorno, partenza alle sette di mattina e arrivo a mezzanotte.

5)      TOY TRAINS (INDIA) – L’India ha una delle reti ferroviarie più estese del mondo, e non sarebbe possibile comprendere a pieno la vita di questa nazione senza qualche ora sulle panche di legno di un treno a vapore. Accanto a treni efficienti, o a lunghi tragitti come quello dell’Himsagar Express che taglia verticalmente l’India, esistono quattro pittoresche linee chiamate Toy Trains, treni giocattolo. In partenza da Delhi, Calcutta, Bombay e Madras, i colorati convogli si inerpicano verso le zone montane del paese, attraverso giungle e deserti.

6)      ORIENT EXPRESS (EUROPA) – Quasi un treno leggendario, fonte di ispirazione per film, storie, racconti. Viaggio di lusso che collegava originariamente Parigi a Istanbul e che ora sopravvive su nuove tratte, per pochi eclusivi passeggeri. Poche partenze all’anno, da Londra, Parigi, passando per Venezia, per viaggi all’insegna del romanticismo e della nostalgia per il passato. Avvistato un paio d’anni fa anche alla stazione Roma Ostiense, in una cartolina dai forti contrasti tra le livree eleganti dei camerieri e i barboni addormentati sulle banchine dei binari.

7)      ROCKY MOUNTAINEER (CANADA) – Picchi innevati, laghi, grandi foreste. Un viaggio panoramico tra le sconfinate distese del Canada occidentale. Da Vancouver a Calgary, con splendide carrozze dal tetto trasparente. Purtroppo, disponibili solo in prima classe. Curiosità, il treno di ferma per la notte. Per non sprecare col buio neppure un attimo della bellezza del grande Canada.

8)      EL CHEPE (MESSICO) – Il Ferrocarril Barrancas del Cobre, meglio conosciuto come El Chepe, è un percorso di tredici ore, e a volte di più, su 650 chilometri nello stato di Chihuahua, Messico nordorientale. Dall’entroterra il treno arriva fin sulla costa pacifica, a Los Mochis, attraversando il parco nazionale dove è possibile ammirare oltre 20 canyons scavati dai fiumi nel corso di quaranta milioni di anni. 36 ponti e 87 gallerie, una specie di sfida uomo contro natura, per godere di paesaggi incredibili e inaspettati.

9)      OUTENIQUA CHOO TJOE (SUDAFRICA)al momento non operativo – Solo 67 chilometri, ma affascinanti, d’altri tempi. Con locomotiva anni venti e carrozze anni quaranta, e un ponte ad attraversare la laguna. Dall’estate 2010 il servizio è però sospeso, per impossibilità economica di riparare la linea dopo pesanti piogge e smottamenti che l’hanno compromessa. Ma l’interesse turistico potrebbe accelerare i tempi di rimessa in funzione.

10)  NARIZ DEL DIABLO (ECUADOR) – Ecuador, paese che sorprende per la sua natura antica e intricata, impenetrabile. El Nariz del Diablo percorre un tratto mozzafiato della ferrovia andina, al momento praticabile solo da Riobamba a Sibambe. Si può viaggiare sul tetto del treno, con esibizionisti che spavaldi si alzano in piedi mentre sbuffi di fumo nero giungono dalla locomotiva a vapore. Una discesa mozzafiato e poi tornanti su tornanti, in luoghi impervi e dimenticati.

giovedì 27 ottobre 2011

Viaggi criminali: immigrazione clandestina

INTRO

Viaggi criminali racconta esperienze al limite della legalità. O oltre il limite. In modo consapevole o inconsapevole, questo non ha importanza.


IMMIGRAZIONE CLANDESTINA

Venezuela, San Cristobal, sudovest del paese. Una simpatica cittadina colorata di banchi di frutta del mercato e da file di autobus che a suono di reggae ton si inerpicano sui fianchi delle colline. 
Ci si arriva percorrendo una delle peggiori strade del Sudamerica, un lungo sterrato di tre ore e mezza martoriato dalle buche e dalle piogge insistenti e improvvise. Un passaggio obbligato per chi sceglie di sconfinare in Colombia passando per l’entroterra.

La frontiera è poco più in la, un’ora e mezza di viaggio: si sale, si scende, si salutano le truppe in esercitazione, si rimane bloccati nel traffico di San Antonio del Tachira e poi si entra a Cucuta, primo avamposto colombiano.
Comodamente seduti su un chiassoso autobus d’altri tempi, con i sedili imbottiti stanchi e sconfitti, con la sua varia umanità di viaggiatori e commercianti, passanti e parenti, signori e popolani. Una sorta di cartolina d’altri tempi che stona con i moderni e attrezzati bus per le lunghe distanze.
Il confine quasi non esiste: è solo un attimo, un momento, un’immagine di bandiere gialle blu e rosse quasi identiche, sorelle di un passato lontano.

Io ancora non lo so, ma sono ufficialmente un immigrato clandestino. Un po’ disinformato, un po’ ingenuo. La continuità territoriale ovviamente per i turisti non vale. Dovrei andare il giorno stesso in un ufficio preposto a denunciare la mia presenza sul territorio e far timbrare il passaporto. Ma, ovviamente, visto che non ne sono a conoscenza non lo faccio. E via, in giro per la Colombia.

Qualche giorno più tardi, il momento della verità. Ponte di Rumichaca, frontiera internazionale con l’Ecuador. Questa volta i controlli ci sono. E piuttosto seri. L’ufficiale è inflessibile: non hai il timbro, non passi. Duecento dollari di multa, da pagare in città, in banca. E devi anche ringraziare di cavartela a buon mercato.

D’accordo, rifletto. Un sacco di soldi. E poi è domenica. Mattina, le sette o giù di li, vista la nottata passata in autobus. Non faccio in tempo a raccogliere i pensieri che mi si avvicina un gruppo di persone con un’improvvisa voglia di aiutarmi: posso pagare a loro centocinquanta dollari e avere il timbro subito, anche senza rifare la fila allo sportello. Ce l’hanno li, in tasca. Ed è quello originale, non mi devo preoccupare, avuto per strani contatti con l’ufficio immigrazione. O trovato nel cestino della spazzatura dello stesso ufficio, questo non mi è chiaro.

Bene, un passo avanti. Io comunque non ho contanti, e il mio bancomat in Colombia non funziona. Non c’è problema: ti portiamo in macchina in Ecuador, di nascosto, ritiri un po’ di dollari al bancomat della cittadina di Tulcan, e torniamo. A ripensarci mi sembra una pessima idea. Ma sul momento, era una prospettiva interessante.
Dettaglio, il bancomat non funziona neanche in Ecuador: mi sono appena fatto dei nuovi nemici. Torno al posto di blocco colombiano, scambio quattro chiacchere con un’altra guardia. Effettivamente ci sarebbe un modo per risolvere la questione: dare cento dollari a lui, timbro sul passaporto e via come se nulla fosse. La storia non cambia, se non altro stiamo ridimensionando il prezzo.

Da qui non ci si muove. Decido che dopo l’immigrazione, farò anche emigrazione clandestina. Mi presento in Ecuador come se nulla fosse. Nuovo sportello, nuova guardia, nuovo timbro da ottenere. La questione diventa molto più diretta: non hai il timbro di uscita dalla Colombia, devi tornare indietro e regolare i conti. O darmi cento dollari.
Ho fatto un certo tipo d’abitudine a questo genere di trattativa. E, comunque, non ho contanti.

La guardia riflette per un po’. Poi, lampo di genio. Mi manda al duty free. Compro una bottiglia di whisky, pago con la carta. Non mi faccio fare un pacchetto regalo, mi sembra troppo spudorato. Torno nell’ufficio e allungo il sacchetto all’ufficiale. Sguardo d’approvazione, sorriso, timbro. La frontiera si spalanca, posso andare, libero, comparso misteriosamente al confine dell’Ecuador senza mai essere entrato o uscito dalla Colombia.

L’ho sempre detto che non c’è nulla che non possa essere sistemato con un paio di bicchieri. O con una bella bottiglia di whisky, in questo caso.

mercoledì 26 ottobre 2011

TOP TEN: 10 consigli per una notte in aeroporto

Orari improbabili, attese, ritardi. Imprevisti dell’ultimo minuto che ci costringono a bivaccare sulle poltroncine del terminal. Ma anche scelta, libera e consapevole, per un viaggio in economia. Per evitare una notte d’ostello per poche ore di sonno.
Dormire in aeroporto è un’esperienza alla quale è necessario essere preparati: basta un pizzico di spirito d’adattamento e capacità d’osservazione per organizzare una nottata a cinque stelle anche in uno sperduto scalo low cost.

Vediamo i dieci consigli per dormire in aeroporto!

1) REGOLE – Sembra assurdo,e forse scontato, ma è bene informarsi se sia possibile dormire nel terminal. A Reykjavik, per esempio, è espressamente vietato. A Bergamo Orio al Serio il servizio di vigilanza sposta continuamente gli accampati da una parte all’altra rendendo la notte un inferno.

2) ORARI – Fondamentale sapere se l’aeroporto nel quale ci troviamo rimanga aperto tutta la notte. In caso contrario, studiare un piano di riserva. Se siamo in un grande aeroporto, può accadere che chiuda la zona dedicata ai voli nazionali, di conseguenza spostarsi agli internazionali. Scali low cost spesso chiudono dopo l’ultimo volo. Tra quelli molto noti Parigi Beauvais, nel mezzo del nulla, chiude dalle 23.30 alle 6.30. Sei ore di stop anche per Roma Ciampino, quattro per Pisa, che ha comunque il vantaggio di essere a dieci minuti a piedi dal centro della città. La visita turistica notturna è assolutamente consigliata.

3) ESPLORAZIONE – Cercare di scoprire e conoscere l’aeroporto. Spesso ci sono grandi differenze da una parte all’altra dello scalo. E spesso è più attrezzato e meno affollato il terminal degli arrivi piuttosto che quello delle partenze. Ad Amsterdam Schipol per esempio è ormai tradizionale la caccia alla famosa zona lounge, che dispone di oltre cento poltrone lettino imbottite e reclinabili. Un vero lusso gratuito per viaggiatori a budget zero.

4) DISTURBI – Valutare i fastidi che potremmo avere nel sonno: passaggio di gente, illuminazione, annunci in filodiffusione, bar con serrande che si aprono all’alba. Cercare una zona riparata. E avere sempre una buona risposta pronta per eventuali domande della vigilanza.

5) COMFORT – Prima grande verità, sdraiarsi sulle poltroncine con la seduta ondulata è il peggiore errore che si possa fare. Seconda grande verità, dormire sul pavimento sarà forse ortopedico ma anche massacrante. Un sacco a pelo, o in mancanza anche un asciugamano, saranno alleati preziosi. Fatevi un cuscino con una felpa arrotolata e infilata in una maglietta. Vestitevi comodi.
Muovetevi per tempo: spesso, specialmente nei periodi estivi, sono tanti i viaggiatori che decidono di dormire in aeroporto e pochi i buoni posti disponibili.

6) TEMPERATURA – Molti aeroporti sono tra le strutture più fredde mai costruite dell’uomo. Se la vostra scelta è stata di dormire a terra, cercate di creare un isolamento tra il vostro corpo e il marmo gelido della sala d’attesa. Il freddo si impadronisce delle vostre ossa nel sonno, senza darvi modo di accorgervene. Poco importa che abbiate con voi l’ultimo ritrovato nel campo dei sacchi a pelo da montagna o buttiate a terra uno scatolone delle patatine fritte del ristorante, fondamentale è isolare.

8) ACQUA E CIBO – Ricordarsi sempre una bottiglia d’acqua. E qualcosa da mangiare, provviste per la nottata. Non è sempre semplice trovare distributori o bar aperti 24 ore.

9) SICUREZZA - Per quanto l’aeroporto sia considerato un luogo sicuro, è sempre consigliabile dormire vicino ad altri viaggiatori. Tenere tutti gli effetti personali sotto controllo, lo zaino legato a un braccio, la borsa usata come cuscino. Se dormite con le cuffie e la musica nelle orecchie, non tenete il lettore in mano, ma sotto la maglia, o nei pantaloni. Eviterete di lasciarlo cadere in giro una volta sopraffatti dal sonno.

10) DISTRAZIONE – Un libro, un lettore mp3, una macchina fotografica, un quaderno e una penna, una scacchiera fatta con bustine di ketchup e maionese: l’importante è distrarsi. Avere un attività, un passatempo, perché se il sonno non arriva una notte è lunghissima da passare. E un modo splendido per ingannare il tempo è raccontare cosa abbiamo intorno, fotografare particolari curiosi, avere una traccia di una notte in aeroporto.

E cercare di divertirsi. Perché un’esperienza di questo tipo è la base della vita di ogni viaggiatore indipendente.

lunedì 17 ottobre 2011

Voli low cost: Vueling, dalla Spagna con furore

Nel panorama della compagnie aeree low cost, un posto di riguardo in Europa è occupato sicuramente da Vueling. Compagnia spagnola, con base a Barcellona, è da tenere in considerazione soprattutto per alcune scelte lontane dalla logica del risparmio eccessivo, con conseguenti vantaggi per il viaggiatore.

Vediamone i punti di forza:

AEROPORTI PRINCIPALI
Innanzi tutto, Vueling ha scelto di volare sugli aeroporti principali anziché sugli scali secondari come molte delle compagnie low cost. Questo significa per esempio Roma Fiumicino, Paris Orly, Barcelona El Prat. Un vantaggio da tenere presente per alcune destinazioni che spesso si appoggiano su aeroporti lontani e collegati in modo non propriamente low cost. 
La differenza è assolutamente evidente per Parigi (Ryanair serve Beauvais, 80 km e 13€ di distanza), Amsterdam (Schipol, 15 km dal centro e non Eindhoven, 120 km) e Bruxelles (Zaventem al posto del più classico Charleroi, a 60 km).

DESTINAZIONI
Le destinazioni, tante. La Spagna costellata di basi Vueling e di ottime tariffe, con la possibilità, utilissima, di vedere il calendario mensile dei prezzi. Italia, si parte da Roma, Milano, Pisa, Venezia, Verona, Napoli, Palermo. E un po' tutta Europa, con estremi Canarie e Israele.

SERVIZI GRATUITI
Lo snack e il drink a bordo. Gratuito. Una piccola attenzione che ricorda un tempo in cui era la regola, per tutti. A bordo c'è anche la tv, in inglese e spagnolo. E poi la possibilità di anticipare o posticipare gratuitamente il volo il giorno stesso. Vueling cerca gli uomini d'affari, e avere numerosi voli per al giorno per molte tratte è estremamente apprezzato. Si può fare il check-in online o ricevere la carta d'imbarco sul cellulare. La tecnologia esiste, usiamola.
Bagaglio a mano, classico, 10 kg. Consentito un secondo bagaglio a mano più piccolo, come una borsetta, una videocamera. Bagaglio da stiva, 23 kg.


SERVIZI A PAGAMENTO
Il volo può essere personalizzato: scegliere il posto a sedere, avere più spazio per le gambe, avere un posto vuoto a fianco. Per pagare c'è la solita commissione per le carte di credito: come sempre conviene la carta di debito (tipo postepay), 5.50€. Esiste anche una Visa Vueling, con commissione zero. 
E poi c'è l'immancabile possibilità di fare acquisti a bordo, se non ci si è ancora disintossicati dalla frenesia dello shopping.

Una piccola compagnia che pensa in grande, un'attenzione al viaggiatore inaspettata e un servizio di prim'ordine per un gruppo low cost.

sabato 15 ottobre 2011

Riga: la Parigi del nord in formato low cost


Quanto erano belli i favolosi anni ottanta. La discomusic, gli abiti esagerati, una sorta d'idea della società che si mostra e si esibisce, si circonda di status symbol, di oggetti inutili che tutti devono avere. Uno stile di vita che risplende nel momento stesso in cui si esaurisce, con tanto di battito di mani finale e velata malinconia.


Ecco perché ritrovarsi i favolosi anni ottanta sotto gli occhi da solo la sensazione di polvere sul viso, colori sbiaditi sulla pelle, tristezza nel cuore. Mi è successo camminando tra le vie del mercato di Riga. Dove tutto sembra essersi fermato ai favolosi anni ottanta. E dove l' aggettivo favoloso riesce solo ad essere una perfida ironia.

LA CITTA'
Riga è una città strana, curiosa. Oltre settecentomila abitanti, capitale della Lettonia. Una città in cui senti il profumo del mare ma non lo vedi, perché è qualche chilometro più in là, a Jurmala, località turistica dalle spiagge immense. Cammini per le strade del centro e ti senti in un'altra epoca: le strade sono strette, medioevali, fiancheggiate da edifici in stile art nouveau. Il duomo è romanico, gotico, barocco, un insieme di stili indecisi e rimaneggiamenti. Non è raro svoltare l'angolo e trovare un palazzo diroccato con le travi di legno in bella mostra. O profili di case tutti differenti, ondeggianti, squadrati.

E poi la gente. Lettoni per la metà, un altra metà di russi, tante minoranze. Limousine di qualche ricco imprenditore d'oltre confine venuto per una serata di eccessi. Perché la vita costa poco, e dall'altra parte c'è la Russia, che per molti anni ha dettato leggi e costumi su questa piccola repubblica baltica.

LA NOTTE
La sera è piuttosto animata, nonostante le temperature: il centro storico è animato da gente del luogo e turisti equamente mescolati, vista la presenza di numerosi ostelli e guesthouse. Pub, bar, take away, alcol che scorre per scaldare i cuori e i volti nelle notti fredde del nord. Tutto rigorosamente low cost.
Per la cena sono stato in un luogo curioso, tale Lido Dzirnavas, una sorta di catena che imita la tradizione strizzando l'occhio al turismo. Costumi tipici e pietanza a buffet. Oppure ci si può servire a un qualsiasi self service del centro un bel piatto di pelmeni, che noi potremmo chiamare tortellini in versione russa. 
Da provare un drink particolarissimo, tale 'apple pie'. Vodka, succo di mela e cannella in polvere. Voilà.

TRASPORTI
Si cammina bene, per la città. Sicuramente a piedi è il modo migliore per conoscere gli angoli più inaspettati. Per fuggire sulla spiaggia di Jurmala sono una quarantina di minuti in treno, che parte ogni mezz'ora dalle 5 di mattina alle 11 di sera, e costa 1 lat, circa 1,40 euro. 


L'aeroporto è raggiunto dalle principali compagnie lowcost, per arrivare in centro c'è un bus pubblico, il leggendario numero 22, 0,5 lat (70 cent) il biglietto alle macchinette, 0,7 lat direttamente dall'autista. 
E per chi ha voglia di proseguire il giro delle repubbliche baltiche, una capatina alla stazione degli autobus sarà una lieta sorpresa: rotte per decine di città e diverse compagnie tra le quali scegliere, tra cui la onnipresente Eurolines.

CONCLUSIONE
A lato del terminal degli autobus, il famoso mercato di Riga. 
Una donna ha il fazzoletto in testa, il volto segnato, e sul carretto decine di pupazzi fosforescenti, accesi, improbabili. Un uomo vende cd dalle copertine ingiallite dal sole, accanto a banchi di verdura dove tutto è coperto di terra. Come se nulla cambiasse da quando una carota è immersa nel suolo a quando arriva sulla tavola: un' immagine d'altri tempi che mi riporta alla realtà della città nella quale mi trovo. E mi fa dimenticare quella fila di bancarelle di giubbotti di pelle così dannatamente anni ottanta.


SOUNDTRACK: Lamb - Gorecki (GUARDA VIDEO)

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